Che cos’è il whistleblowing e cosa prevede l’obbligo?
L’obbligo di whistleblowing, introdotto recentemente da un decreto, rappresenta un importante strumento per la segnalazione di illeciti e irregolarità all’interno del mondo del lavoro, sia nel settore pubblico che in quello privato. Questa pratica, che può avvenire in modo anonimo e protetto, promuove la tutela dell’interesse collettivo e la responsabilità civica dei lavoratori. Ma cosa implica esattamente l’obbligo di whistleblowing? Quali sono i diritti e le protezioni previste per chi decide di segnalare comportamenti illeciti o irregolarità? Scopriamolo analizzandone le implicazioni, comprese le misure di protezione per i segnalanti e le possibili conseguenze per chi non rispetta questo obbligo.
Whistleblowing: significato e normativa
Il whistleblowing rappresenta la possibilità di segnalare, in modo anonimo e garantito, situazioni o condotte illecite che si verificano all’interno del contesto lavorativo, sia esso nel settore pubblico che privato.
Queste segnalazioni possono riguardare una vasta gamma di temi, tra cui corruzione, frode, abuso di autorità, discriminazione, violazioni della privacy, inquinamento ambientale, rischi per la salute o la sicurezza dei dipendenti o dei consumatori, e molti altri. È importante sottolineare che qualsiasi segnalazione deve essere fondata su fatti concreti e veritieri, basandosi su elementi oggettivi, e non su mere opinioni o sospetti.
Il decreto 24/2023 ha introdotto l’obbligo per i datori di lavoro privati che abbiano impiegato, nel corso dell’ultimo anno, una media di almeno 50 dipendenti di istituire canali di segnalazione. Tale obbligo è esteso anche ai datori di lavoro che operano in settori considerati ad alto rischio, come i servizi finanziari, i trasporti, l’ambiente e altri settori simili.
L’obbligo si applica anche ai datori di lavoro pubblici, inclusi gli enti statali, le autorità indipendenti, gli enti pubblici economici e gli organismi di diritto pubblico. Per questi ultimi, l’obbligo è entrato in vigore il 15 luglio 2023, mentre per i datori di lavoro privati con una media di almeno 250 dipendenti, l’obbligo è stato attivo dal 17 dicembre 2023.
Come segnalare le irregolarità?
A seconda delle circostanze, le segnalazioni possono essere effettuate tramite canali interni o esterni. I canali interni sono previsti e gestiti dal datore di lavoro, il quale ha l’obbligo di garantire la riservatezza delle informazioni riguardanti l’identità e i dati personali del segnalante. Inoltre, deve assicurare la sicurezza della piattaforma di segnalazione e la tempestività ed efficacia nelle azioni di controllo e correzione.
I canali esterni, invece, sono istituiti dalle autorità competenti, come ad esempio l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione), l’autorità giudiziaria ordinaria o contabile, o gli organi di vigilanza specifici per settori particolari. In alcune situazioni, è persino possibile optare per la divulgazione pubblica delle informazioni, ossia la diffusione di segnalazioni attraverso mezzi di comunicazione, organizzazioni sindacali, associazioni o enti di tutela.
Come tutelarsi in caso di whistleblowing?
Il whistleblowing rappresenta un atto di responsabilità civica volto a preservare l’interesse collettivo ed è altresì un diritto e un dovere per i lavoratori. Il segnalante gode di una protezione legale per evitare eventuali ritorsioni o discriminazioni da parte del datore di lavoro o dei colleghi, che potrebbero configurare reati come la rivelazione del segreto d’ufficio o la violazione della privacy. Inoltre, al segnalante spetta l’accesso a un supporto legale e psicologico, un’indennità di risarcimento e una tutela sindacale.
D’altra parte, chi omette di segnalare o fornisce segnalazioni false può essere soggetto a sanzioni disciplinari, amministrative o penali, a seconda delle circostanze. Inoltre, coloro che ostacolano o impediscono le segnalazioni o prendono misure punitive o discriminatorie nei confronti dei segnalanti possono essere puniti con sanzioni pecuniarie o detentive.
Il decreto specifica chiaramente quali azioni di ritorsione sono proibite nei confronti di chi effettua segnalazioni di irregolarità. Queste azioni includono licenziamenti, sospensioni, mancate promozioni o retrocessioni, cambiamenti di mansioni, trasferimenti, modifiche degli orari di lavoro, ostracismo, molestie e trattamenti sfavorevoli. Le sanzioni previste vanno da 10.000 a 50.000 euro.